Tra innovazioni e implicazioni sociali ed economiche

Nell’affrontare questo argomento così gravido di interessi e, al tempo stesso, molto delicato,
mi sono imposto di fare molta attenzione, per evitare di cadere in alcune pericolose trappole; la prima,
è quella di assumere una posizione di parte, a tutela di uno specifico interesse di qualsivoglia natura
oppure a sostegno di una convinzione ideologica di qualche tipo, la seconda, è di non assumerla,
collocandosi quindi in quella che un tempo si sarebbe definita, non senza una vena critica,
“cerchiobottista”, cioè di equilontananza e/o di equivicinanza. Dirlo è semplice, mantenere la
promessa è molto difficile. Riflettendo sugli aspetti tecnici e su quelli economico-sociali, cercherò di
essere quanto più possibile equilibrato. Mi impegnerò pertanto a stare su questi due piani, ma
provando a legarli intimamente perché, se è vero, come è vero, che la modellazione di sistemi
complessi richiede un esercizio rispettoso delle leggi dell’economia e della ingegneria organizzativa e
gestionale, è però altrettanto vero che in ogni processo le persone dovrebbero essere collocate
mandatoriamente al centro, e non come artificio retorico, ma nel rispetto di un umanesimo digitale,
indispensabile per contribuire a costruire un futuro assolutamente rispettoso di tutti gli attori in
campo.

Ciò premesso, provo a concentrare la mia attenzione su un tema molto delicato, come quello
degli approvvigionamenti, perché la qualità della gestione di questo processo è cruciale per qualsiasi
azienda, grande o piccola che sia. Occorre altresì aggiungere che esso tocca un punto nevralgico,
mettendo in relazione due parti, o controparti che, pur avendo due interessi contrapposti, devono
provare a trovare una sintesi comune. Quanto di più difficile e delicato da far presumere che mai e
poi mai questo lavoro potesse essere delegato ad una macchina. La realtà dimostra il contrario, come
nel caso di Walmart, che racconterò in breve. L’azienda fondata da Sam Walton nel 1962 è, oggi, la
più grande catena al mondo della grande distribuzione organizzata, con poco più di due milioni di
dipendenti, quasi undicimila negozi in una trentina di paesi, e con un fatturato, quest’anno, ipotizzato
poco al disopra di seicento miliardi di dollari. Numeri giganteschi che, secondo l’azienda, possono
essere governati grazie, non solo, ad una rigorosissima impostazione organizzativa, ma anche, ad una
continua ricerca di innovazioni utili per affinare scientificamente, quasi ossessivamente, ogni processo
di gestione. Avendo più di centomila fornitori, è facile immaginare quali siano la complessità degli
approvvigionamenti e i risvolti in termini economici, per non parlare delle necessità di trasparenza
correlate alla loro gestione. Come racconta un esperto del settore1, per arrivare a costruire modelli di
intervento efficaci ed efficienti in situazione di alta complessità, occorre saper combinare cookie cutter
(letteralmente, formine con le quali si plasmano gli impasti per ottenere le forme desiderate, nel
nostro caso assimilabili alle tecniche utili per stimare modalità e costi dei lavori ripetitivi) e IA
(Intelligenza Artificiale, algoritmi indispensabili per processare enormi quantità di dati). Si potrebbe
dire che, da un lato, entrano in gioco arte e mestiere, che un tempo avremmo chiamato “artigianalità”, per definire il loro combinato-disposto e, dall’altro, tecnologia e tecnica, che oggi potremmo provare
a sintetizzare con il termine “artificialità”, per intendere una ibridazione di artifici e abilità.
Traducendo nel linguaggio “informatichese”, Walmart è ricorsa all’adozione di un software di IA
(chatbot) per sostituire una grande quantità di impiegati, addetti da lungo tempo a questi lavori, al
fine di contrastare l’aumento tendenziale della crescita aggregata di nuovi addetti e dei costi relativi,
conseguendo, in aggiunta, e a costo zero, una serie di benefici, non di poco conto, tra i quali spiccano
multilinguismo, parallelizzazione delle operazioni e miglioramenti operativi, ulteriori e generosi
catalizzatori di una crescita, potenzialmente e per loro auspicabilmente, monotòna crescente della
produttività. Postulato, quest’ultimo, di un teorema, la cui tesi è, sin dalla prima rivoluzione
industriale, obiettivo categorico della gestione aziendale. Tendenza, come hanno dimostrato le
rivoluzioni susseguitesi nel tempo, destinata addirittura a rafforzarsi e consolidarsi, contro la quale
nulla poterono né luddisti né catastrofisti.

Una storia, quella appena descritta, che non è isolata; anzi, si inquadra in un contesto
planetario certificato da molti studi, tra i quali ad esempio quelli di Goldman Sachs2, McKinsey Global
Institute3 e OpenAI, Open Research e University of Pennsylvania4.

Goldman Sachs, società leader a livello mondiale nell’investment banking, trading di titoli e
gestione di investimenti, arriva nel report citato a fare previsioni particolarmente preoccupanti:
“L’estrapolazione delle nostre stime a livello globale suggerisce che l’IA generativa potrebbe esporre
l’equivalente di 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno all’automazione”; interrompo per un
attimo questa citazione semplicemente per far notare il verbo “esporre” che, ricorrendo
frequentemente in diversi articoli, merita di essere commentato, perché rivela, attraverso un tentativo
di mitigazione lessicale, un fine di vero e proprio camuffamento della realtà; faccio poi notare la
scioltezza con la quale gli autori parlano di trecento milioni di persone, trattando numeri di assoluta
enormità, con una levità imbarazzante. A queste considerazioni, di una durezza e nettezza
impressionante, fanno poi seguito, con l’intento, probabilmente, di circoscriverne la portata, altri studi
di segno diverso e di tono più attenuato, che sembra vogliano tranquillizzare i soggetti di destinazione,
provando a dimostrare che, non si sa perché, poi, in qualche modo, tutto andrà a posto (sic!): “La
buona notizia è che lo spostamento dei lavoratori dall’automazione è stato storicamente compensato
dalla creazione di nuovi posti di lavoro e l’emergere di nuove occupazioni a seguito di innovazioni
tecnologiche rappresenta la stragrande maggioranza della crescita dell’occupazione a lungo termine”.
Del tipo è sempre andata così, ergo andrà nello stesso modo anche questa volta.

Anche McKinsey, società di consulenza manageriale, tramite il suo istituto di ricerca, fa
previsioni preoccupanti; sostiene infatti che entro il 2030, fino al 30% delle ore lavorate nell’economia statunitense potrebbero essere automatizzate (tendenza accelerata dall’IA generativa). Secondo i
ricercatori “perdite di posti di lavoro si verificheranno nel supporto d’ufficio, nel servizio clienti e nei
servizi di ristorazione”; arrivano ad aggiungere che “le persone nei quintili salariali più bassi hanno
fino a dieci/quattordici volte più probabilità di dover cambiare occupazione entro il 2030 rispetto ai
redditi più alti”. Un ritmo di cambiamento molto accelerato, aspetto anche questo da evidenziare con
molta preoccupazione, che provocherà non pochi problemi nella gestione dei relativi processi di
adattamento. Al contrario “cresceranno le opportunità per i laureati STEM”.

OpenAI, Open Research e University of Pennsylvania, nel loro abstract precisano: “abbiamo
esaminato le potenziali implicazioni dei modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM), come i
trasformatori generativi pre-addestrati (GPT), sul mercato del lavoro statunitense, concentrandoci
sulle maggiori capacità derivanti dal software basato su LLM rispetto ai LLM da soli. Utilizzando un
nuovo criterio, valutiamo le occupazioni in base al loro allineamento con le capacità LLM, integrando
sia le competenze umane che le classificazioni GPT-4. I nostri risultati rivelano che circa l’80% della
forza lavoro statunitense potrebbe avere almeno il 10% delle proprie attività lavorative interessate
dall’introduzione di LLM, mentre circa il 19% dei lavoratori potrebbe vedere almeno il 50% delle loro
attività influenzate. …….. Concludiamo che le LLM come i GPT mostrano tratti di tecnologie generiche,
indicando che potrebbero avere notevoli implicazioni economiche, sociali e politiche”. Mi sembra si
possa annotare che dicano più o meno la stessa cosa (anche se i numeri, trattandosi di previsioni,
oscillano) dei report precedentemente citati, salvo che in maniera più sfumata. Elon Musk, per parte
sua, e più di mille esperti del settore, firmano a marzo 2023 una lettera aperta, pubblicata dal Future
of Life Institute, in merito ai problemi etici derivanti dallo sviluppo incontrollato delle intelligenze
artificiali, annotando che: “I sistemi di IA dotati di un’intelligenza competitiva con quella umana
possono comportare rischi profondi per la società e l’umanità, come dimostrato da ricerche
approfondite e riconosciuto dai migliori laboratori di IA”, si legge nel comunicato; si parla di “rischi
profondi per la società e l’umanità” e lo dicono protagonisti di rilievo più che assoluto. E aggiungono:
“Come affermato nei principi di Asilomar per l’intelligenza artificiale ampiamente approvati, l’IA
avanzata potrebbe rappresentare un cambiamento profondo nella storia della vita sulla Terra e
dovrebbe essere pianificata e gestita con cura e risorse adeguate”. Il successivo passaggio è ancor più
raggelante: “Sfortunatamente, questo livello di pianificazione e gestione non sta avvenendo, anche se
negli ultimi mesi i laboratori di IA si sono impegnati in una corsa fuori controllo per sviluppare e
impiegare menti digitali sempre più potenti che nessuno – nemmeno i loro creatori – è in grado di
comprendere, prevedere o controllare in modo affidabile”. Ribadisco, sono loro a dire che si tratta di
una corsa fuori controllo.

Geoffrey Hinton, il padrino dell’IA, dimessosi recentemente da Google, in un’intervista al New
York Times di maggio 2023, fa scalpore, dicendosi preoccupato per la capacità dell’IA di creare
immagini e testi falsi convincenti, un mondo in cui le persone “non saranno più in grado di sapere
cosa è vero e cosa no. È difficile vedere come puoi impedire ai cattivi attori di usarlo per cose cattive”.

Fine Prima Parte


  1. F.A.POMAR, “Estimate projects quickly with the cookie cutter method”, Bootcamp, May 20, 2022
  2. J.BRIGGS e D.KODNANI, “The Potentially Large Effects of Artificial Intelligence on Economic Growth”,Goldman Sachs-
    Economic Research, March 26, 2023,
  3. K.ELLINGRUD, S.SANGHVI, G.S.DANDONA, A.MAGDVKAR, M.CHUI, O.WHITE, P.HASEBE, “Generative AI and the future of work in America”, McKinsey Global Institute July 26, 2023
  4. T. ELOUNDOLOU, S.MANNING, P.MISKIN, D.ROCK, “GPTs are GPTs: An Early Look at the Labor Market Impact Potential
    of Large Language Models”, OpenAI, OpenResearch, University of Pennsylvania, August 22, 2023

Autore: Massimo Di Virgilio